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CONTADINO
Molto genericamente, chi vive in campagna (nel contado,
nel pays) e perciò è occupato nella lavorazione della
terra. Si distingue, in questo modo, il contadino, o agricoltore, da chi
vive in città e svolge attività differenti da quelle agricole.
Per diversi millenni la popolazione contadina fu la più numerosa:
a partire dalla rivoluzione del neolitico, verso l'VIII e il VII millennio
a.C., che portò alla scoperta e all'affermazione dell'agricoltura,
fino all'Ottocento. In questo lunghissimo periodo la popolazione contadina
rappresentò il 70-90 per cento di tutti gli abitanti del pianeta
e solo a partire dal XIX secolo, con l'avvento dell'industrializzazione,
subì una drastica riduzione. Nel XX secolo il numero degli occupati
in agricoltura toccò cifre inferiori al 10 per cento della popolazione
nei paesi sviluppati (Europa e Stati Uniti); solo nei paesi economicamente
arretrati il numero rimase superiore alla metà. Nel tentativo di
delineare un modello di economia contadina è possibile cogliere
alcuni aspetti unificanti che distinguono il mondo contadino da quello dell'età
industriale. Il primo è la piccola conduzione. L'attività
agricola fra la rivoluzione del neolitico e la rivoluzione industriale si
espresse per lo più su base familiare in questa forma. L'ampiezza
dell'impresa (podere) variava molto a seconda della produttività
della terra, delle tecniche impiegate e dei prodotti coltivati: dalle microaziende
di due-tre ettari nell'agricoltura asiatica basata sul riso, alle aziende
di sette-quindici ettari nell'agricoltura del grano europeo. Le grandi aziende
condotte sulla base del lavoro schiavistico o (per lo più in epoche
recenti) salariato, furono sempre minoritarie. Di solito l'azienda contadina
veniva in parte o totalmente ceduta in affitto da chi ne deteneva il possesso
(nobiltà, clero, borghesia) dietro pagamento di un canone in natura,
in moneta e anche in lavoro (come nell'economia curtense). La seconda forma
è quella della famiglia contadina. Protagonista dell'economia
contadina non è il singolo lavoratore (come nell'economia industriale),
ma la famiglia. In generale agli uomini spettava l'attività lavorativa
esterna alla casa, mentre le donne dominavano nella sfera domestica; tuttavia
la popolazione femminile non mancava di collaborare di continuo al lavoro
dei campi, nei periodi di più intensa fatica. Nelle campagne la famiglia
presentò sempre caratteri allargati, in quanto insieme agli sposi
e ai loro figli convivevano esponenti di generazioni più anziane.
In Asia la famiglia contadina era generalmente assai più numerosa
che in Europa e comprendeva un complesso ampio di parenti. Per lo più
la famiglia contadina viveva in villaggi di qualche centinaio di abitanti.
Nel villaggio essa si collegava in ramificazioni parentali ampie e poi in
alleanze di clan. Altro aspetto che caratterizza l'economia contadina è
quello delle tecniche. Per molto tempo l'azienda contadina fu caratterizzata
dall'uso di tecniche semplici, di strumenti poco costosi e poco variabili
nel tempo: la coltivazione fu il risultato prima di tutto dell'applicazione
del lavoro dei membri della famiglia. Gli investimenti in capitale fisso
erano trascurabili e consistevano per lo più in ammortamenti. Maggiori
furono gli investimenti in capitale circolante: soprattutto le sementi,
la zappa e la vanga dominarono nell ecampagne asiatiche; l'aratro completamente
in legno, come spesso nelle regioni mediterranee, o col vomere in ferro,
come più a nord, era diffuso nell'agricoltura europea, dove si utilizzava
anche la forza di trazione animale (bue e cavallo). La scarsità degli
strumenti in uso, oltre che sulla limitatezza delle possibilità d'investimento
nelle campagne, si appoggiava anche sulla mentalità tradizionalistica
prevalente nel mondo contadino, più orientata a minimizzare il rischio
che a massimizzare i guadagni. Altro aspetto: il rapporto tra sussistenza
e mercato. Influenzata dal mercato solo marginalmente, l'azienda contadina
si fondò innanzitutto sulla sussistenza, cercando di far fronte con
la propria produzione ai bisogni dei membri della famiglia. Per questo motivo
i contatti col mercato erano ridotti. Le vendite e gli acquisti, spesso
effettuati nella città vicina, o sul mercato o alla fiera, erano
modesti. Non si ricorreva, inoltre, al mercato del lavoro: non si assumevano,
se non assai di rado, salariati; non si prestava attività lavorativa,
dietro salario, al di fuori dell'impresa familiare. Per questo motivo l'andamento
produttivo dell'azienda agricola era influenzato marginalmente dal mercato.
Il mercato non determinava né la crescita, né la caduta della
produzione interna. L'espansione dell'attività avveniva per lo più
in risposta all'aumento del numero dei componenti la famiglia. La caduta
della produzione era provocata da cause meteorologiche. Nel corso del tempo
si ebbe un progressivo allargamento delle relazioni col mercato per effetto
della riduzione delle terre in proprietà dei contadini, dei canoni
in denaro cui erano tenuti per l'affitto di terreni, della tassazione in
denaro che obbligava a vendere. Così il mercato allacciava nelle
sue maglie le cellule del mondo contadino e ne preparava la decomposizione.
P. Malanima

A.V. Chayanov, The Theory of Peasant Economy (1925), Homewood
1966; E.R. Wolf, Peasants, New Jersey 1966; D. Grigg, La dinamica
del mutamento in agricoltura, Il Mulino, Bologna 1985.
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